Oblio 

Se i nostri copri mostrassero le ferite dell’anima, saremmo ricoperti di piaghe.
Non potremmo più elargire i “tutto bene” di circostanza, perché il nostro dolore sarebbe lì, putrefatto davanti agli occhi di tutti.
Saremmo intollerabili a noi stessi: il nostro corpo piagato non permetterebbe alla nostra mente di dimenticare nemmeno per un secondo le pugnalate del cuore.
Saremmo intollerabili al prossimo: il nostro abisso costantemente sbattuto in faccia.
Non avremmo pace mai, né in solitudine nè in compagnia.
Nessun oblio ci sarebbe concesso. Mai.

La matematica dei bambini 

C’è una bambina che non trova più il suo giocattolo preferito (che da ora chiameremo GP).È Disperata (quelle Disperazioni che meritano la maiuscola, quelle di cui sono capaci solo i bambini).

Lo vuole subito il suo GP. 

Si tratta di un bastone che la trasforma in una guerriera combattiva e invincibile.

“Non trovo più GP”, dice alla mamma con una nota di angoscia nella voce.

Il tempo T che un bimbo dedica a  queste situazioni dovrebbe corrispondere all’Amore per GP elevato alla potenza della Disperazione. 

Se ne va, quindi, un paio di minuti nella sua stanza per cercarlo. 

Poi torna dalla mamma, chiedendo aiuto in un crescendo di Disperazione.

“Prova a guardare sotto al divano, GP ama nascondersi lì sotto!”.

La bambina sbuffa: “ Ci ho già guardato sotto al divano!”. 

La madre insiste: “Dai, prova a guadare meglio!”. 

La figlia scompare. 

Ritorna pochi secondi dopo con un sacchetto in mano. 

“Che c’è lì dentro?”, chiede la mamma.

“Ecco, mamma, qui ci sono dei soldini che ti darò quando avrai trovato il mio GP!!”. 

La bimba aveva già imparato che la D è più profittevole se anziché rappresentare la Disperazione, la si intende come Denaro e che il Denaro ha il potere di accorciare incredibilmente il fattore Tempo. 

La mamma offrì il Rifiuto come risultato. E la figlia capì che, innanzitutto, serve l’Impegno. 

Xiomara

Oh Xiomara

tanto buona, tanto cara,

tormenti come una zanzara!

 

Protesti a gesti

Spesso maldestri,

Ti lamenti a parole

Chè uno se ne duole.

 

Ad un tratto ridi

E tu ti fidi

Ti concede, principessa,

Un sorriso da leonessa.

 

Tu vorresti un suo bacino,

Lei ti porge il suo visino,

Ride ancora, la furbetta

E se ne va di tutta fretta.

 

Resti lì, imbalsamato,

Con il cuore sconsolato.

 

Lei guerriera,

Lei è fiera.

 

Ma la sera, quando è a letto,

Tu la stringi forte al petto

Lei ti guarda sbarazzina

“Bacia la mia pancina!”

Il senso 

O troppo o troppo poco. Fame o indigestione. Felicità (no, QUELLA mai: quella è davvero troppo, anche per rientrare nella categoria “troppo”). Meglio dire quieta soddisfazione, contrapposta a voragini di anelli di abisso di inquietudine e frustrazione. Logica e follia. Una rete di razionalità in cui cercare di imbrigliare la confusione. Gioie solo fugaci perché il dubbio di volere qualcosa di diverso è sempre lì, a eroderti i sorrisi. Perché alla fine il Motore è l’Insoddisfazione. Che va coltivata, inaffiata, concimata con costanza e fatica; quando invece abbandonarsi sarebbe così liberatorio e appagante. Abbandonarsi restituirebbe il senso.