Delle buone maniere

 

Non mi importa di risultare simpatica o gradevole. Non mi interessa la benevolenza del mio prossimo. Preferisco chiamare le cose con il loro nome e, nel farlo, preferisco di gran lunga scegliere la parola che le faccia arrivare con più forza, con più immediatezza, seguendo il percorso più breve. Lo faccio apposta perché mi piace vedere la vostra espressione ingessata in sorrisi di circostanza che si sgretola davanti ai miei occhi mentre dentro di voi vi state chiedendo se avete sentito bene. Sì, avete sentito bene e adesso scandalizzatevi pure. Magari voi non bestemmiate, però pensate che la difesa sia legittima sempre. Magari non avete mai mandato affanculo nessuno, ma è meglio togliere il couscous dalle mense scolastiche.

Vi svelerò una verità sconcertante. Seguire le buone maniere non fa di voi delle persone educate, non fa di voi delle persone buone, non fa di voi delle persone piacevoli. Non fa di voi delle persone migliori di chi con le buone maniere si pulisce il culo.

Usare un linguaggio forbito non renderà meno squallidi i vostri pensieri meschini, non renderà originali le vostre idee noiose, non vi procurerà platee plaudenti, ma solo sonnolente.

Indossare il mantello del perbenismo non renderà accettabile la grettezza del vostro animo, la bassezza dei vostri istinti, la limitatezza dei vostri orizzonti mentali.

La paura di tutto ciò che può minacciare il vostro status quo è fetida e puzza e offende.

Gridate alla santità quando il ketchup di gennaro si liquefa e restate, invece, indifferenti davanti alla sofferenza del prossimo. Questo dice tutto di voi. Tutto.

Seppellitevi nella vostra bara foderata di buone maniere. Anche laggiù non vi serviranno a un cazzo.

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