#quasinano 

C’era una volta un uomo. Era molto basso. Non così basso da rientrare nella categoria dei nani, ma nemmeno alto a sufficienza per rientrare a pieno titolo nella categoria dei normalmente alti. Era davvero basso. Piccolo. Pure sgraziato. Tutto era disarmonico in lui. Sproporzionato. Le sue orecchie, ad esempio, erano enormi. Quasi che con l’udito potesse sopperire alla limitatezza dell’orizzonte del suo sguardo. E infatti ci sentiva benissimo. Il suo era un udito sopraffino, in grado di percepire i più lievi fruscii, le eco più distanti, i borbottii più soffocati. 
Aveva inoltre una passione ardente per la cultura militare. Era ossessionato in particolare dal secondo conflitto mondiale. Ne conosceva tutte le battaglie, i nomi dei generali, il numero di proiettili sparati, il contenuto dei dispacci segreti. Prima di addormentarsi recitava a memoria i nomi degli 8.500 membri delle SS naziste che prestarono servizio come aguzzini nel campo di Auschwitz.
Aveva cercato di arruolarsi. Era l’unica cosa che desiderasse davvero fare, ma i suoi limiti fisici non gli avevano consentito di superare i test di ammissione. 
Era incattivito e solo.

La vita, però, spesso riserva a questi personaggi alla deriva una precisa collocazione sfruttandone oltre alle peculiarità, la rabbia che accompagna la loro frustrazione.
Divenne un delatore per professione.
C’è sempre qualcuno disposto a pagare un mucchio di soldi pur di violare la vita altrui. Certo, all’epoca dei social network potrebbe sembrare demodè il ruolo del ficcanaso, ma è pur vero che un occhio e un’orecchia in più fanno sempre comodo. 
Trascorreva le sue giornate pedinando, nascondendosi, ascoltando con quelle orecchie enormi. Il padrone gli faceva sapere dove e chi doveva spiare. E poi, a casa, alla sera, trascriveva i dialoghi a cui aveva assistito. Non sempre ricordava tutto; a volte colmava le lacune della memoria con la fantasia, ma non gli pareva di fare alcunché di male. A lui sembravano solo storie prive di ogni interesse. 
Aveva dei quaderni neri a righe, tutti uguali. Li aveva numerati e datati. 

Quando erano pieni li consegnava al suo padrone, in un ufficio di vetro trasparente al decimo e ultimo piano di una palazzina anonima e recente. Non aveva un’idea precisa di come quelle informazioni venissero utilizzate, ma per ogni quaderno riceveva un bonifico di cinquemila euro. 
Capitava che qualche giorno dopo la consegna di un quaderno, leggesse sul giornale di suicidi improvvisi ed inaspettati o di licenziamenti in tronco proprio delle persone che aveva ricevuto incarico di spiare. 
Dopo circa un anno dall’inizio di questa bizzarra attività, il quasi nano dalle orecchie enormi fu trovato morto, il cadavere privo dei padiglioni auricolari.
A nessuno interessò indagare approfonditamente su questo misterioso decesso. 
I nani muoiono sempre soli.

I nani dei miei racconti muoiono sempre.

Anche i nani soli muoiono sempre nei miei racconti.

Ogni riferimento a persone realmente esistite o fatti realmente accaduti è puramente casuale. 

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